Euro: scelta di vita
Il popolo del sud Italia credeva (fino a qualche anno fa) che se il nord si fosse separato dal resto dell’Italia, si sarebbe avuto un forte aggravamento per la situazione economica del sud.
Poi però, insistendo, le giustificazioni che davano erano di natura emotiva-sentimentale, cioè che l’Italia è una e deve restare unita (spirito patriottico), e che i nostri patrioti sono morti per l’Italia e si rivolterebbero nella tomba se ora la si volesse dividere.
In realtà questi patrioti si sono già rivoltati vedendo l’effetto che ha avuto l’unità d’Italia. Infatti quelle sono solo giustificazioni per nascondere agli altri, e anche a se stessi, le vere ragioni. Le vere ragioni sono che avevano paura di peggiorare perdendo l’aiuto del progredito nord. Ma non si rendevano conto che se la causa dell’attuale situazione disastrosa del sud, e adesso anche del nord (perché se una parte va male, dopo un pò anche le altri parti vanno in cancrena, è solo questione di tempo), era stata l’unità d’Italia, come poteva adesso esserne la soluzione? O comunque non si rendevano conto che questa è la causa ancora in essere che ne procura il peggioramento attuale o il mantenimento di tale povertà.
Così allo stesso modo è successo per l’euro. L’euro e l’Unione Europea sono partiti male, e sono la causa dell’impoverimento dell’Italia, e a lungo andare di tutta l’Europa. Ciononostante agli italiani si continua a ripetere che uscendo dall’euro la situazione peggiorerebbe. Ma se l’euro è una delle cause del disastro come può esserne anche la soluzione? L’euro ci porta ad un lento ma inesorabile declino fino a “costringerci” ad uscirne entro pochi anni.
Si fanno previsioni sui possibili effetti di un’uscita o permanenza nell’euro. In realtà non è possibile alcuna previsione, perché le variabili sono tantissime e fra l’altro non abbiamo precedenti con cui confrontarci. Noi adesso possiamo solo costatare il presente disastroso, di cui conosciamo la causa. Il futuro non possiamo prevederlo, possiamo solo costruirlo.
Così come la condizione attuale del sud rispetto al nord è ormai nota, ed è che il sud sta molto peggio del nord. La causa di ciò è stata proprio l’unione con il nord, la cosiddetta unità d’Italia. Come sta accadendo oggi con l’euro, una volta che il sud è stato distrutto economicamente e moralmente, e non consapevole delle cause del suo declino, di cui tutti davano la colpa ai meridionali stessi, adesso i meridionali hanno paura di perdere l’aiuto del nord per risollevarsi. E per forza, visto che è stata distrutta la loro autostima, le loro radici, la consapevolezza delle loro capacità. Insomma il sud adesso è come un bambino che deve reimparare a camminare, e per far ciò ha bisogno dei genitori. Anche se forse sembra più una sindrome di “Stoccolma”, in cui la vittima è talmente schiavizzata che ha bisogno del suo carnefice anche per la minima necessità, e ne è pure riconoscente perché comunque potrebbe anche andargli peggio. E con l’euro e l’Europa si sta delineando la stessa strategia.
Le argomentazioni che noi possiamo affrontare non possono perciò essere di tipo particolare, perché i particolari sono infiniti e nessuno li conosce tutti, né sono prevedibili. E quindi voglio affrontare i punti salienti solo da un aspetto generale:
1) Noi discutiamo di cose di cui non sappiamo quasi nulla. Conosciamo solo pochi particolari e su questi discutiamo e facciamo la somma come se fossero tutti gli addendi. Ma se si vuole fare la somma bisogna sommare tutto, non solo i particolari che noi conosciamo, altrimenti il risultato viene falsato. Allora, non conoscendo tutti i particolari, possiamo ragionare solo in generale, e cioè che il sistema ha voluto farci entrare nell’euro e vuole farci restare, e non a caso tutta la propaganda e pubblicità delle istituzioni vanno in questa direzione. Il sistema vuole che noi restiamo nell’euro e nell’Europa. Quindi è una loro convenienza, non nostra. Ma se costatiamo il presente e lo compariamo con la situazione prima dell’euro il confronto ci dice che la situazione è peggiorata. Ogni altro tipo di ragionamento è basato su conoscenze parziali.
2) Chi dice che non possiamo competere in un mercato globale se tornassimo alla lira, significa che vede il mercato globale come un sistema non solo competitivo e capitalistico, ma anche senza regole e pronto a mangiare tutti i pesci piccoli che non si adeguano e non si coalizzano per difendersi dal nemico. Insomma un sistema in cui tutti contro tutti e quindi bisogna prepararsi alla guerra, una guerra globale non dichiarata. Quindi questa affermazione denota e nasconde una paura di un sistema che fagocita ed è nemica dei più deboli. Così si preferisce non inimicarsi il sistema, tenerselo buono standoci dentro.
3) Ma non se ne accorge neanche lui, perché in realtà chi teme di uscire è perché inconsciamente vuole la globalizzazione. Gli piace, o così crede, e teme di restarne fuori. Vuole la modernità anche a rischio di viverci da schiavo, ai margini del lusso e degli sprechi. Si perché in realtà la globalizzazione è solo uno sfavillare di luci per attirare a sé gli insetti che finiscono nella trappola, la globalizzazione è solo un’ illusione in cui pochi si arricchiscono e titti gli altri sono schiavi. La globalizzazione ha senso per quei pochi che prendono l’aereo così come io vado a piedi ogni giorno. È per coloro che fanno scambi e business internazionali, e noi piccoli possiamo solo stare a guardare e sognare così come un fan guarda le sue star del cinema e gli basta illudersi che un giorno potrà incontrare di persona il suo idolo e accontentarsi (se pure ne ha consapevolezza) di restare eternamente spettatore dello spettacolo della vita. La globalizzazione va a stimolare le nostre speranze illudendoci, ad esempio, di offrirci la possibilità di diventare milionari giocando alle scommesse, alla lotteria, ecc.
4) Io non voglio stare in un mercato globale, per di più senza regole. “Euro si/ euro no” non è una decisione che riguarda solo l’euro, ma è una scelta di vita. Una scelta tra un’Europa governata da poteri occulti, che vuole imporci regole e dittature di ogni genere, e la scelta di essere sovrani sulla propria terra, moneta, cultura, ecc. In ogni caso, io preferirei vivere in un Paese anche più povero ma sostenuto dalla solidarietà e da un’equa distribuzione delle ricchezze piuttosto che in un Paese schiavo governato dalla legge del più forte, perché dove c’è solidarietà non c’è crisi, e dove c’è libertà c’è creatività e quindi produzione e ricchezza. E sembra strano che proprio la sinistra voglia la globalizzazione. Ma ormai si è ribaltato tutto, la sinistra vuole cose di destra e al destra cose di sinistra.
5) Mi viene il dubbio che questa Europa disastrosa sia stata pianificata già dall’unità d’Italia. Ed il prossimo passo è un mondo “unito”, con un’unica moneta, un unico esercito, ed un pensiero unico che permetterà ai soliti ignoti di renderci ancora più schiavi. Il loro obiettivo però non sarà quello di diventare ancora più ricchi, che lo sono fin troppo e non sanno come spenderli i soldi, ma annullare la nostra coscienza. Insomma è in atto una guerra spirituale, come da sempre è stato, ed ora siamo all’atto finale: o noi o loro, o vinciamo definitivamente, o non potremo più rialzare le nostre coscienze. Temo che non avremo più altre possibilità, se non vinciamo adesso, l’umanità sarà per sempre schiava.
6) Ma “gli europeisti” ideologici e dogmatici, che di solito sono di sinistra, non ammetteranno mai di aver sbagliato a farci entrare nell’euro. Sarebbe un’ammissione di colpa troppo grave. Anche se alcuni miei amici lo hanno riconosciuto, e queste sono le persone che più apprezzo. La maggior parte però, i vertici in mala fede, e molti della base per mancanza di consapevolezza ed onestà intellettuale, dovranno difendere a oltranza questo loro errore, e fra l’altro, con l’aggravante che non conoscendo il vero motivo di questo attaccamento all’Europa, inconsciamente sanno che le loro sono solo giustificazioni facilmente attaccabili e quindi le esprimono con arroganza, violenza e soprattutto attaccando gli altri, dandogli del populista, o antieuropeista, o euroscettico (che ormai sono diventate delle offese), ecc. A questo punto allora non vedo che una soluzione: dividere l’Italia in due, una che vuole restare nell’euro e una che ne vuole uscire. Fra l’altro solo in questo modo potremo scoprire chi avrà ragione, qual’ sarà stata la scelta giusta, in quanto potremo compararne le conseguenze. Ma purtroppo è una soluzione non realizzabile. E allora cosa fare?
7) Si deve partire da un modello ideale, solo da lì si può dialogare per cercare di capire quali regole di questa Europa cambiare e come, cosa è giusto e cosa è sbagliato, cioè stabilire e proporre dei patti nuovi, che dovranno essere concessi subito, e non aspettare che ciò avvenga in itinere. Le regole o si cambiano subito o si esce.
L’Italia è chiaro che era già inguaiata prima dell’euro, ma proprio per questo l’euro ha peggiorato una situazione di debolezza. È come il problema degli extracomunitari, non sono loro il problema ma lo aggravano nel momento in cui vengono in un Paese che ha grossi problemi organizzativi al suo interno. L’Italia deve prima risolvere i problemi tra italiani, il problema dell’unità d’Italia e darsi una forma di governo che possa valorizzare ed organizzare le diversità degli italiani, cioè una forma di federalismo, o localismo, o decentramento, come lo si voglia chiamare, comunque si tratta di cambiare prima l’Italia e poi eventualmente l’Europa, e non come vorrebbero fare gli europeisti che credono che potremo cambiare l’Italia facendoci cambiare dall’Europa. Se non siamo in grado di cambiarci noi da soli, poi saremo cambiati dagli altri in modo traumatico, saremo per sempre schiavi, non saremo più in grado di avere una nostra autonomia di pensiero. Quindi in definitiva l’Italia non sarebbe dovuta proprio entrare nell’euro neanche se questo fosse stato organizzato più efficacemente, figuriamoci in questo caso che è l’esatto contrario.
8) In realtà il vero motivo, spesso inconscio, è che noi riteniamo che gli italiani non sappiano governarsi. Per cui diventa conseguenziale prendere in considerazione di decidere di farci comandare da qualcun altro. Allora gli italiani, ritenendo inconsciamente che chiunque sia meglio di loro stessi, giungono alla conclusione che non c’è bisogno di valutare la capacità e buonafede di colui a cui si affidano, in quanto appunto “chiunque è meglio”. Ciò rischia di farci finire dalla padella nella brace, e di annullare ogni nostra possibilità di riscatto, soprattutto se questa resa fosse incondizionata e quindi con un contratto che poi non ci permetterebbe neanche di uscirne col minor danno qualora ci accorgessimo di aver sbagliato.
9) Allora bisognerebbe riprendere coscienza del vero motivo per cui vogliamo passare il timone della “nave Italia” a qualcun altro, e a questo punto verificare le sue reali intenzioni pretendendo la modifica del contratto secondo il nostro piano ideale, altrimenti si rifiuta subito. Cioè intendo dire che potrebbe starci pure bene di restare in Europa ma le condizioni devono essere modificate subito, in modo da non farci legare mani e piedi e affidarci completamente a qualcuno che non sappiamo se difenderà i nostri interessi. Chi ci garantisce che le cose miglioreranno? Al momento nulla e nessuno. Certo neanche la nostra autonomia ce lo garantisce, però ci lascia aperta la possibilità, mentre abdicare ad uno straniero, se sbagliamo contratto, è la fine.
Questa scelta potrebbe anche avere un senso, a patto però che sia suffragata da comprovati risultati migliori di quelli ottenuti dai nostri governanti. E questo fin’ora non è stato dimostrato, anzi tutt’altro. Sicuramente l’Italia finora ha dimostrato di non sapersi governare, questo però non deve spingerci nelle braccia di uno qualsiasi solo perché straniero, senza aver valutato la sua capacità e onestà nel comandare ed amministrare.
10) Allora provo a domandare, a me stesso e a voi, se non sia il caso di provare adesso a dare fiducia agli italiani e per la prima volta a gestirci noi con piena consapevolezza di quello che abbiamo subito in questi ultimi secoli. Perché mi sembra un peccato abdicare proprio adesso che stiamo arrivando a conoscere tutti i misfatti che sono stati perpetrati ai nostri danni, le cause dei nostri problemi e quindi possiamo sapere come risolverli e soprattutto riprendere stima di noi stessi come individui e come popolo. Voglio aggiungere una frase che ripete spesso Matteo Salvini della lega nord: “euro = morte certa, lira = rischio”. Cioè almeno la lira mi offre una speranza, l’euro no. L’euro è una morte lenta ma inesorabile, che ci sta facendo fare la fine della “rana nella pentola sul fuoco”.
11) Però, ad un certo punto del ragionamento, mi accorgo che tutti, anche chi vuole restare nell’euro, adesso ammette, seppur a denti stretti, che l’Euro così com’è non va bene. Allora, azzardo un’ipotesi finale: forse adesso è possibile avere un dialogo costruttivo partendo da ciò su cui siamo già d’accordo, e arrivare a delle conclusioni comuni in modo da poter fare le nostre richieste con maggior forza, e se non ce le accordano subito, allora si esce senza alcuna esitazione, perché vorrà dire che non ce le accorderanno mai più. È possibile farlo perché in realtà diciamo tutti la stessa cosa, seppur partendo da posizioni diverse. Infatti sia chi vuole uscire, sia chi vuole restare nell’euro è d’accordo sul fatto che le regole dell’Europa e dell’euro sono sbagliate, che gli errori sono tanti e tanto c’è da cambiare, e che se non si entrava proprio sarebbe stato meglio, ma a questo punto che ci siamo dentro, ci sono due conclusioni differenti: gli uni vorrebbero restare per cambiare queste regole, mentre gli altri vogliono uscire comunque in quanto ormai questa Europa non è più possibile aggiustarla, e che quindi conviene uscirne e poi eventualmente se ne ricostruisce un’altra partendo bene sin dall’inizio.
Allora io dico: se è vero che sarebbe stato meglio non entrare proprio significa che la situazione precedente era migliore, cioè che è stato fatto un errore, dunque comunque bisogna tornare a quella situazione. Il punto è capire come farlo nel modo meno doloroso, perché se un matrimonio è sbagliato, prima o poi bisogna separarsi, anche se si può fare una separazione consensuale o giudiziale, si può trovare un compromesso o anche una separazione di fatto rimanendo nella stessa casa per convenienza economica o per il bene dei figli. Allora ciò che bisogna fare è non prendere decisioni ideologiche e precostituite, ma discutere e ragionare per trovare la proposta del nostro modello ideale di Europa, proporre insomma le regole giuste affinché ciascuna nazione sia sovrana e abbia un vantaggio da questa unione. E, pur sapendo già che “loro”ci risponderanno “picche”, dobbiamo comunque fare questa proposta formale in modo da mostrare la nostra posizione collaborativa e non ostruzionistica, così da “rimandare a loro la palla” e costringerli a darci una risposta, che se negativa, mostrerà la loro vera faccia e capiremo subito questa Europa dove vuole andare e in che direzione vuole portarci.